Ma chi ce lo fa fare?

Chiude i battenti la 29ª edizione del Memorial Claudio Sassi, ma solo per la parte giocata, quella delle partite, quella che appare sui giornali, quella che dura quattro giorni, dal Venerdì Santo a Pasquetta, quella visibile al pubblico e che si presta a critiche e apprezzamenti. Il “Sassi” è molto di più. Per arrivare a mettere in campo 116 squadre per un totale di 217 partite, nei quattro giorni citati sopra, sono stati necessari molti mesi di preparativi e tantissime ore di lavoro tra riunioni e incontri di vario livello per organizzare al meglio la manifestazione. C’è chi non ha dormito la notte per mettere insieme gironi, calendari, campi di gioco, spostamenti delle squadre, regolamenti, rapporti con gli enti e la federazione, reperire risorse e via di questo passo. E ancora non è finita perché per qualche settimana sarà necessario fare bilanci, preparare rendiconti, pagare fatture, insomma far quadrare i conti. In sostanza all’Associazione non si smette mai di lavorare, organizzare una manifestazione di questa portata richiede 8/9 mesi di impegno costante ogni anno. Tutto questo grava sulle spalle di una decina di volonterosi: stacanovisti o incoscienti? A questo proposito la domanda che a volte ci viene rivolta e che spesso ci facciamo è: “Ma chi ce lo fa fare?“. Ovviamente le motivazioni che muovono ognuno di noi sono le più disparate, ma sicuramente ci unisce la passione per lo sport, non solo per il calcio, il desiderio di fare qualcosa di importante di rendersi utili per la comunità e per il territorio in cui viviamo. La soddisfazione di organizzare un torneo ad altissimo livello che mette insieme la maggior parte delle società del territorio con le società più importanti a livello nazionale e mondiale. In questa edizione hanno partecipato ben 8 squadre che militano in serie A e molti osservatori di società professionistiche sono venuti a vedere le partite. Da noi sono passati giocatori importanti alcuni dei quali sono arrivati a vincere la coppa del mondo con le rispettive nazionali. Poi ci sono i complimenti, che fanno sempre piacere, quest’anno sono arrivati da Torino, Pro Vercelli, Bologna, Udinese, dalla rappresentativa USA, per citare le società più importanti. Anche un semplice apprezzamento è motivo di soddisfazione e stimolo per andare avanti. Ecco cosa ce lo fa fare. Ci sono però anche tante note dolenti, quelle che ci fanno dire ogni anno finiamola qua. Le critiche, sia ben inteso, le accettiamo, soprattutto quando sono volte al miglioramento e non fine a se stesse. Quello che è inaccettabile è il comportamento e l’atteggiamento di alcune persone e società che immancabilmente sparano a zero su cose spesso futili. Ad esempio tutti gli anni si ripete la triste scena davanti all’entrata dei campi quando viene richiesto il pagamento del biglietto di 5 €, valido per l’intera durata del torneo, finali comprese, di qualcuno che fa sceneggiate perché ritiene che l’ingresso debba essere gratuito. Due considerazioni: la prima è che questo piccolo obolo, introdotto da qualche anno da quando gli sponsor storici hanno diminuito i loro contributi, ci ha consentito di andare avanti nell’organizzazione del torneo: la seconda è che nessuno è obbligato a venire a vedere le partite e chi non è d’accordo può tranquillamente andare da un’altra parte. Cosa succede negli altri tornei? Alcuni esempi: “Felsina Cup” si disputa a Bologna dal 25 al 28 aprile con 32 squadre categoria esordienti 2006, biglietto giornaliero 8 €, abbonamento intero torneo 25 €; torneo “We Love Football”, sempre a Bologna con 16 squadre maschili e 8 femminili, ingresso alle singole partite 10 €. Altre cose che non vanno: il disinteresse di una società storica, sul cui campo si disputano le finali e che all’ultimo secondo ci fa sapere che non hanno le porte piccole per i tornei under 8-9-11, roba da ridere; gli arbitraggi, a volte inadeguati, che generano discussioni a non finire e che rischiano di compromettere il regolare svolgimento del torneo; l’assenza della federazione e via di questo passo. Ecco cosa ci fa dire mandiamo tutti a quel paese. A onor del vero tutte queste cose negative riguardano fortunatamente una minoranza, la maggior parte di persone e società ci sostiene. In ogni caso il futuro della manifestazione è incerto, tutti gli anni siamo di fronte al solito bivio: continuare o smettere? Chissà cosa ci riserverà il futuro.

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